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Piani di Bobbio - canalone della Madonnina - zucco Pesciola

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Questo è stata una ciaspolata, che ho effettuato in solitaria. La mia meta erano i piani di Artavaggio, ma giunto al piazzale della funivia di Moggio, di mercoledì, constatavo che l'impianto era aperto solo il sabato e la domenica (stranamente non avevo consultato il sito internet dei dei piani di Bobbio/Artavaggio), per cui decidevo immediatamente di dirigermi a Barzio, e da quì salire con la cabinovia ai piani di Bobbio.
Mi attardo un poco all'uscita sul piazzale di arrivo per ammirare il meraviglioso panorama delle cime alpine, che sono perfettamente visibili per la bella giornata e l'atmosfera limpida. Poi calzate le ciaspole mi avvio, seguendo le piste da sci, verso il rifugio Lecco. Per fortuna la giornata feriare ha fatto si che non ci sia un grande afflusso di sciatori, per cui la loro presenza mi infastidisce, ma solo un poco. Vado avanti senza una meta precisa, quasi meccanicamente sposto i piedi alternativamente uno davanti all'altro, e così mi ritrovo sullo spiazzo del rifugio.
Non sapendo dove andare, non avendo stabilito un itinerareo preciso a priori, mi inoltro nel vallone di camosci, costeggiando inizialmente la pista da sci, e poi mi avvicino sempre più al ripido conoide di attacco dei due canaloni. La neve è dura, ottimale, con le ciaspole non si sprofonda, e la fatica del procedere, sino ad ora, non è stata elevata. Ora risalgo il conoide, abbastanza ripido, che porta all'inizio dell'attacco dei canaloni, ed inizio a pensare sul da farsi. Faccio rapidamente una valutazione: il canalone dei Camosci è alquanto lungo e ripido, ritornare indietro non mi sembra opportuno, per cui inizio a salire nel più breve canalone dela Madonnina (o di Pesciola). Ci sono tracce di persone salite nei giorni precedenti, che non avevano calzato le ciaspole, ma con i soli scarponi e ramponi; io cerco di sfruttare queste impronte, ma ad ogni passo devo obbligatoriamente allargare la sede per fare alloggiare la ciaspola. Procedo lentamente, e con grande attenzione (dopo tutto sono solo ed in caso di incidente non posso contare sull'aiuto di nessuno); per fortuna la neve molto compatta mi da una mano; poi finalmente sbuco sul colletto stretto tra lo zucco di Pesciola a destra, ed una cima più alta a sinistra. Mi tolgo le ciaspole e percorro la breve cresta che mi porta alla cima. Da qu' il panorama è ancara più grandioso, e netta si staglia all'orizzonte la parete sud-est del monte Rosa; il paesaggio è molto diverso da quello che sono abituato a vedere nella stagione estiva quando arrivo in cima percorrendo la via ferrata (vedi). Resto a lungo ad ammirare ciò che mi circonda in perfetta e gratificante solitudine, ma poi, anche se a malincuore, ripercorro a ritroso la cresta, raggiungo il colletto e calzate le ciaspole mi accingo a discendere il canalone. Dopo un breve tratto decido di togliermi le racchette, perchè con i soli scarponi e la neve un poco più molle, ho una maggior sicurezza, e la discesa diventa più agevole.
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