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trekking cime

Il Monte Vioz - gruppo Ortles-Cevedale - 3645 mt.

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info salita
Salita ad un 3600 del gruppo Ortles-Cevedale. Treck che ho organizzato in due giorni, poichè, anche a causa del lungo spostamento in auto, è praticamente impossibile partendo da Monza effettuarlo in giornata.
Il monte Vioz si trova sulla cresta di spartiacque fra la lombardia ed il Trentino, e domina l'alta valle di Pejo, dalla quale si accede senza eccessive difficoltà alla vetta. E' una cime alta 3645 mt, ma è raggiungibile senza impegnarsi in difficili e rischiose salite su ghiaccio; l'unica difficoltà è la rarefrazione dell'aria dovuta all'alta quota, per il resto il sentiero è facilmente percorribile, anche se ovviamente è necessario porre attenzione come in ogni escursione in montagna.
Immediatamente sotto la cima sorge il rifugio Mantova al Vioz, di recente costruzione, è un rifugio modello che riunisce soluzioni costruttive all’avanguardia e una serie di avanzate soluzioni tecnologiche per ridurre l’impatto ambientale di questa struttura in alta quota. Al rifugio la cui struttura portante è stata realizzata in legno lamellare, rivestito da spesse lastre di rame, è stato installato un gruppo elettrogeno a gas GPL (che non produce dunque alcun inquinamento) del tipo "totem" che è in grado di fornire contemporaneamente energia elettrica e acqua calda per il riscaldamento. L’acqua viene riscaldata tramite l’aria calda prodotta dal funzionamento del gruppo elettrogeno stesso; l'illuminazione interna è garantita da una serie di pannelli solari posti sul tetto. E' il più alto rifugio delle Alpi Orientali, secondo in Lombardia alla sola capanna Marco Rosa.

Dopo un lungo viaggio in macchina, giungo a Peio fonte nella tarda mattinata; con l'ovovia per Tarlenta ed una seggiovia salgo al Doss dei Cembri, dove si trova l'omonimo rifugio. Mi incammino per una strada sterrata, nella valle della Mite, che abbandono immediatamente per imboccare il sentiero 139 che è di raccordo con il 105, quello che mi porterà sino al rifugio e poi in vetta. Poco dopo l'incrocio con il sentiero principale, ad una bocchetta, mi fermo a mangiare, all'ombra di un masso. Riprendo la marcia, con passolento, ma evitando soste, se non quelle per fotografare, e poi in alto alcune brevi per ossigenarmi i polmoni sottoposti a stress a causa dell'altitudine.
Il sentiero, con varie pendenze e con un percorso a zig zag, si alza sulla lunga dorsale che scende dal Vioz, a volte affacciandosi sulla valle della Mite a volte sul vallone verso Zampil. Ad oriente appare, quasi subito, la Vedretta del Careser, tipico ghiacciaio montano a bacino composito, e dopo aver raggiunto quote più elevate si vede, sotto di esso, l'omonimo lago artificiale, sbarrato da una diga. Continua nella marcia, il sentiero è ben tracciato, e non presenta difficoltà, per lo meno a me che sono abituato a percorsi più impegnativi; durante il percorso incrocio le persone che salento presto il mattino scendono la sera, facendo l'ascensione in un solo giorno. Procedo con un tempo variabile, a volte il sole mi brucia, ma poi dopo le nubi lo coprono ed un vento fresco mi porta refrigerio; controllo l'altimetro, ormai ho sforato i 3000 mt, e proseguo senza soverchia fatica, e sino ad ora non si evidenziano problemi di respirazione. A quota 3206 arrivo al "Brick": è l'unico tratto, breve, di maggior difficoltà (ma sempre relativa), è attrezzato con fune metallica per fare sicurezza. Continuo a salire, davanti a me l'ultima balza prima del rifugio; a quota 3300 circa mi fermo per mangiare della frutta, ora procedo più lentamente, la rarefazione dell'aria si fa sentire. L'altimetro mi indica che mi avvicino al rifugio, infatti superato un dosso lo vedo comparire nella nebbia, un ultimo strappo ed arrivo sul pianoro antistante, sono trascorsi 3 ore e 45 minuti dalla partenza. Entro mi rifocillo con un te bollente, prendo possesso della mia branda e mi riposo una mezz'ora, poi risalgo il sentiero dietro il rifugio, per superare i 110 mt di dislivello e raggiungere l'anticima con la croce ed in breve la cima dove si trova un monolite.

Il panorama è grandioso, sbucando sull'anticima davanti a me si proiettano il Cevedale ed il Palon de la Mare che è separato dalla cima del Vioz dal passo della Vedretta Rossa. Raggiungo la cima, dove è posto una specie di monolite, alla mia sinistra la cima Taviela, la punta San Matteo e il pizzo Tresenda, che con il Vioz ed il Palon de la Mare formano a semicerchio che costituisce il bacino di alimentazione della Vedretta dei Forni: il più importante e vasto ghiacciaio italiano. Questo ghiacciaio ha dimensioni considerevoli anche in confronto ai ghiacciai delle Alpi svizzere e francesi; la forma è particolarmente ben proporzionata, dal centro del bacino di raccolta misura 6 km di diametro; il ghiaccio scorre nel bacino ablatore verso nord-ovest nella valle dei Forni. Dal mio punto di osservazione una cresta rocciosa mi impedisce la vista dell'insieme del ghiacciaio, davanti a me solo una piccola porzione adagiate tra la cima Vioz e questo costone roccioso. Verso sud giganteggiano l'Adamello, con il suo Pian di Neve (unico ghiacciaio delle Alpi di tipo Norvegese: da una zona comune di alimentazione, situata su un alto pianoro, si dipartono in tutte le direzioni lingue glaciali), e la Presanella, più ad est le pareti rocciose del gruppo di Brenta, ed in direzione del pizzo Tresenda, dietro e lontano, si staglia all'orizzonte il Bernina con le sue pendici ghiacciate, con alla sua sinistra, in parte coperto, il monte Disgrazia. A nord est nella corona di monti che segnano il confine fra l'Italia e l'Austria, sono visibili lontane, la Palla Bianca ed il Similaun.

Ridiscendo al rifugio per la cena, e poi le foto del tramonto, subito dopo a letto, l'indomani mattina mi attende una levataccia per fotografare l'alba ed il sole nascente.
Dopo uno notte durante la quale ho dormito pochissimo, all'alba alle 5,30 mi vesto ed esco sullo spiazzo davanti al rifugio, è quasi buio, ma ad oriente il cielo comincia a schiarire, si vede lo skyline delle montagne lontano, il loro profilo scuro si stagia nel celo di un rosso cupo, ma che col passare del tempo diventa sempre più intenso e vivido. Alle 6,15 il sole fa la sua comparsa ed inizia ad illuminare lo spazio attorno a noi. Ritorno in branda per dormire un poco, e poi alle 8,30 scendo a fare colazione per poi ritornare alla vetta. Questa mattina il cielo è sgombro da nubi e tutte le vette intorno si possono ammirare nella loro bellezza; scatto altre foto per poi ridiscendere al rifugio, riordino le mie cose nello zaino ed inizio a scendere.
Non sento la stanchezza della salita del giorno precedente, scendo tranquillo senza forzare, oggi incontro la processione di gente che sale al rifugio, e che nella maggior parte rientrerà per sera. Mi fermo a pranzare all'ombra dello stesso masso del giorno precedente e poi una fresca birra al rifugio Doss dei Cembri; seggiovia, ovovia ed auto per il rientro.

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data ascensione 31-01/08-09/2009
partenza Valle di Pejo - Dos dei Cembri
dislivello - I gg 1210 mt.
dislivello - II gg 100 mt.
tempo atmosferico bello
tempo salita - I gg 3h 30m
tempo salita/discesa - II gg 30m/2h 45m

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