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Storia della fotografia


La fotografia cristallizza un attimo facendolo diventare eterno.

Il primo passo verso la fotografia, fu dunque la nascita della camera oscura, principio di riproduzione delle immagini, e le prime descrizioni che si trovano al riguardo, risalgono addirittura ai tempi di Leonardo Da Vinci.
La camera oscura era una box cubico, completamente isolato dalla luce, con un foro praticato su una parete, dal quale entrava l’immagine del soggetto da riprodurre, mentre sulla parete opposta si aveva, in un quadro limitato da un foglio di carta o da una lastra di vetro, la proiezione dell’immagine capovolta. Il principio della camera oscura fu migliorato, con l’introduzione nel foro, di una lente ottica (che diede poi l'input per l'invenzione degli obiettivi fotografici), ciò permetteva una maggiore concentrazione dei raggi luminosi. Una volta risolto il problema dell’immagine iniziale, la questione si spostò allora, sulla necessità di fissare in qualche modo l’immagine riflessa dalla lente della camera oscura.
Verso la fine del 1700 l'inglese Thomas Wedgwood sperimentò l'utilizzo del nitrato d'argento come sostanza sensibile alla luce ed ottenne la prima impressione di un'immagine chimica su carta. Le immagini ottenute, però, non si stabilizzavano e perdevano rapidamente contrasto se esposte alla luce naturale. In molti cercarono una soluzione a questo problema (fra cui Joseph Nicephore Niepce che scoprì che il bitume di Giudea era sensibile alla luce); la soluzione fu trovata da
Louis-Jacques-Mandé Daguerre, artista e chimico francese, che è riconosciuto come l'inventore del processo fotografico chiamato dagherrotipo. Il dagherrotipo si ottiene utilizzando una lastra di rame su cui è stato applicato elettroliticamente uno strato d'argento, quest'ultimo viene sensibilizzato alla luce con vapori di iodio. La lastra deve quindi essere esposta entro un'ora e per un periodo variabile tra i 10 e i 15 minuti. L'immagine ottenuta, il dagherrotipo, non è riproducibile e deve essere osservata sotto un angolo particolare per riflettere la luce in modo opportuno. Inoltre, a causa del rapido annerimento dell'argento e della fragilità della lastra, il dagherrotipo veniva racchiuso sotto vetro, all'interno di un cofanetto impreziosito da eleganti intarsi in ottone, pelle e velluto, volti anche a sottolineare il valore dell'oggetto e del soggetto raffigurato. In seguito per ridurre i tempi di sviluppo si utilizzarono i vapori di bromo per aumentare la sensibilità della lastra che unitamente ad obiettivi più luminosi permise una drastica riduzione dei tempi di posa, comunque mai inferiori a i dieci secondi. Un importante limite del dagherrotipo era dovuto al fatto dell'unicità dell'immagine ottenuta. L'introduzione intorno al 1850 del "collodio", cioè di un collante con nitrocellulosa e alcol in etere, che permetteva di usare il vetro come supporto per il negativo fece sì che si ottenessero da quel momento, stampe su carta albuminata in grado di raggiungere -quasi- la ricchezza dei dettagli offerta dal dagherrotipo. La fine dell'ottocento porterà al procedimento alla gelatina-bromuro. Si potranno avere negativi "asciutti" e molto sensibili, che porteranno poi alla produzione di carattere industriale dei materiali fotografici: prima le "lastre" e poi le "pellicole".
KodacNel 1880 nasce la prima pellicola fotografica e otto anni più tardi nel 1888 il vero salto di qualità fu compiuto da George Eastman , che inventò la prima Kodak camera, un apparecchio di piccole dimensioni che conteneva un rullo di carta speciale (la futura pellicola), per 100 pose. I fotografi che se ne servivano non dovevano più curarsi dell’uso della camera oscura o degli agenti chimici; una volta finiti gli scatti, bastava infatti portare alla Kodak la macchina fotografica e ritirarla dopo qualche giorno, di nuovo pronta all’uso insieme alle fotografie già sviluppate. Il XX secolo si apre con un altro passo importante: nel 1907 i fratelli Lumiere mettono a punto il procedimento per lo sviluppo della pellicola a colori. Per tutto questo secolo si faranno passi importanti nel perfezionare la macchina fotografica e nello sperimentare nuovi materiali di sviluppo e stampa. Nel 1913 Oscar Barnak, capo di un dipartimento di una ditta di ottica, la tedesca Leica, costruisce il primo prototipo di macchina fotografica moderna; nel 1935 la Cnopm (USSR) brevetta la prima reflex per pellicola a 35 mm. e nel 1948 Edwin Land inventa la Polaroid. Nel 1959 la Nippon Kogaku produce la Nikon F e, l’anno successivo, la Konica F è la prima reflex con otturatore a tendine metalliche che raggiunge tempi di otturazione più veloci di 1/2000 di secondo. Nel 1981 la Pentax inaugura la stagione della reflex autofocus.

LeicaLa Leica cambia radicalmente la storia della macchina fotografica: non è il miglioramento di qualcosa già esistente ma un progetto rivoluzionario che ridisegna la fotocamera inventando una impostazione dei comandi che nessuno ha più modificato. Per questo motivo è universalmente riconosciuta come la pietra miliare che segna l'inizio della storia moderna della fotocamera. Inoltre Leica introduce il formato 24x36, il caricatore metallico per pellicola 35mm con doppia perforazione.
Il colore: Nella fotografia in bianco e nero i diversi colori sono resi con semplici sfumature di grigio e questa rappresentazione è spesso insufficiente a riprodurre alcuni toni di colore, che finiscono per confondersi. A sottolineare maggiormente questo effetto, le prime lastre fotografiche prodotte possedevano una sensibilità diversa ai colori. Riproducevano il bianco e il blu con la stessa luminosità, così come il giallo e il rosso diventavano scuri o neri. Sul finire del XIX secolo furono prodotte le prime lastre ortocromatiche, che reagivano correttamente alle tonalità del blu ma non al rosso e all'arancione. Solo agli inizi del XX secolo le lastre pancromatiche permisero una corretta distinzione dello spettro luminoso nella fotografia in bianco e nero. Inizialmente furono create lastre che riproducevano il colore con metodo additivo, ciè come somma dei tre colori primari: rosso, verde, blu; più tardi venne messo a punto il procedimento che aprì la strada alle emulsioni a colori: denominato sottrattivo, utilizza i colori complementari o primari sottrattivi. Le pellicole fotografiche a colori utilizzano il metodo sottrattivo con tre differenti strati sensibili, mediante filtri colorati, alle tre frequenze di luci corrispondenti all'azzurro, al rosso e al verde: nasceva così la pellicola negativa a colori.
La diapositiva: è un'immagine fotografica positiva in bianco e nero o a colori su un supporto trasparente. Il suo nome deriva da dia, cioè attraverso, e positiva: infatti per poterla osservare occorre che la luce la attraversi. La diapositive, in bianco e nero o a colori, si possono ottenere sia direttamente, usando un materiale che produce un'immagine positiva, sia stampando un negativo a colori su pellicola negativa a colori.
CanonIl digitale: Il progresso dell'elettronica permise di adottare alcune delle ultime scoperte anche nell'acquisizione delle immagini. Tutto ebbe inizio a metà degli anni '70 del secolo scorso, nei laboratori Kodak dal prototipo di fotocamera digitale di Steven Sasson. L'immagine in bianco e nero del viso di una assistente di laboratorio fu memorizzata su un nastro digitale alla risoluzione di 0.01 Megapixel (10000 pixel), utilizzando il CCD della Fairchild Imaging. Solo quando la tecnologia digitale raggiunse un livello qualitativo ed un buon compromesso costi/benefici, allora l'interesse dei consumatori si trasferì sul nuovo procedimento. Inizialmente Il digitale sostituì la pellicola nei settori dove la visione istantanea del risultato era un fattore determinante, come nel giornalismo, che usufruì anche della facilità di trasmissione delle immagini via internet. Poi la grande diffusione di macchine compatte completamente automatiche invase il mercato riscontrando il favore del fotografo occasionale che senza conoscenze di tecnica fotografica poteva ottenere discrete fotografie grazie anche alla possibilità di effettuare una gran mole di scatti a costo zero, e scegliere fra di essi. Il fotografo ed l'amatore evoluto si accostarono successivamente al mondo del digitale, quando questo si avvicinò o raggiunse la qualità dell'analogico. La fotografia digitale è un mondo a parte molte operazioni, a questo punto, perdono di senso; l'operare in un certo modo non ha più ragion d'essere, ma non per questo perde di senso la fotografia in quanto tale. La ricerca sul territorio fotografico acquista, anzi, a maggior ragione un senso e un interesse ancora più precipuo e portante. Certo che entrano in crisi alcuni dettami che hanno segnato molta fotografia, se fino a relativamente pochi anni fa il ritocco era un'arte di pochi, oggi è tutto diverso. Con il digitale, con programmi come Photoshop la situazione si è radicalmente cambiata.

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